Tirata per i capelli

Roberto Beccantini17 novembre 2012

Caso Conte, ho trovato vaghe e imbarazzanti le motivazioni del Tnas. O illecito o niente, scrissi quando ancora la valanga sembrava un fiocco di neve. Niente, nemmeno l’omessa denuncia, se il bottino è il colloquio Conte-Stellini dell’8 marzo, confessato da Stellini il 29 luglio. E sia chiaro, niente di niente al netto di tutto: che Carobbio, come Masiello, possa essere credibile a circostanze alterne (non è uno scandalo); che Conte abbia attraversato tre società molto chiacchierate (Bari; Atalanta, dove però litigò con Doni; Siena); che Stellini, scelto da Antonio come scudiero, abbia patteggiato e si sia dimesso dalla Juventus; che, in ambito di giustizia sportiva, non si avverta la «necessità di raggiungere la certezza al di là di ogni ragionevole dubbio» (è sempre stato così).

Non escludo che Conte sapesse e non abbia denunciato, ma se le ragioni dei quattro mesi sono quelle certificate dalle dodici cartelle del Tnas, mi ribello. Nei vari gradi di giudizio erano via via caduti l’omessa denuncia di Novara-Siena e l’effetto Mastronunzio. Non restava che l’illecito, acclarato, di Albinoleffe-Siena. L’ipotesi «presuntiva» del collegio giudicante mi è sembrata tirata per i capelli (senza ironia). Se le cose stanno così (da «Tuttosport» del 16 novembre: Stellini gli aveva riferito solo della rissa dopo la partita dell’andata e del modo con cui aveva cercato di pacificare gli animimi in vista del ritorno), siamo molto «al di là» di ogni ragionevole dubbio e molto al di sotto del celeberrimo «si vis pacem para truccum».

Insomma: al posto di Conte starei più attento alla cernita dei collaboratori (e magari, sapendo di aver parlato in un certo modo con il «Bocia» ultrà dell’Atalanta, avrei bacchettato in un certo modo, e magari non in «quello», i giornalisti tifosi del Chelsea), ma spiegati così, i suoi quattro mesi non hanno senso.

Bollicine

Roberto Beccantini14 novembre 2012

Perdere con la Francia brucia sempre, anche quando succede per episodi e non sotto dettatura. La sfida ha vissuto di fuochi piccoli, sì, ma non banali. Prendete i gol. Splendido, di squadra, quello azzurro: lancio di Barzagli, sponda di Balotelli, tocco di Montolivo, taglio di El Shaarawy. Non meno straordinaria, la replica di di Valbuena: tutta sua, dai dribbling propiziatori al tiro. E di raffinata chirurgia, il sorpasso di Gomis.

Balotelli (22 anni) ed El Shaarawy (20) hanno fatto coppia, buon segno. Verratti (20 pure lui) si è sciolto tocco dopo tocco. Credo che Prandelli e Deschamps abbiano avuto le risposte che cercavano: indicative, non certo assolute. Il 4-3-3 ha costretto Marchisio a limitare le incursioni di cui va ghiotto; e Candreva, già che ci siamo, a tenere troppo la destra. Ribéry, lui, mi è sembrato sveglio ma svogliato. Succede, quando la posta in palio è l’onore, la tradizione, il fatto che Italia-Francia non sarà mai un’amichevole, eccetera eccetera.

Ogni volta che vedo Patrice Evra, titolare fisso del Manchester United, penso che piombò in Italia a 17 anni, giocò nel Marsala e a Monza e poi sparì dai radar. Se i cambi hanno sfigurato la partita, le staffette di Deschamps l’hanno decisa, come documenta la rete di Gomis, in capo a un’azione impostata da Menez. E la nostra difesa? Già a nanna. La qualificazione mondiale è in frigo; e il livello medio della Nazionale, dignitoso. Manca la differenza in attacco, nella speranza che la possano fare Balotelli ed El Shaarawy (o Pepito Rossi, in campo a marzo: auguroni); e latita anche un Pirlo con meno rughe.

Non abbiamo avuto fortuna: traversa di Balotelli nel primo tempo, traversa di Giaccherini nel secondo. Delle Grandi, da un novembre all’altro, abbiamo battuto soltanto la Germania. Non Uruguay, Russia, Spagna, Inghilterra, Francia. Problemi di crescita. Resta, e avanza, il secondo posto di Kiev. Per ora.

Calma

Roberto Beccantini10 novembre 2012

Potrà anche sembrare crudele fare l’autopsia a una vittoria così schiacciante, ma questo è il mio compito. Procediamo per gradi. Dopo il k.o. casalingo con l’Inter si chiedeva alla Juventus di reagire. Ha reagito. Quattro gol al Nordsjaelland, cinque in un tempo, e sei in totale, al Pescara. Se gli avversari, modesti, le hanno dato una mano, la squadra di Conte si è data l’altra: cosa che capita spesso, ma non sempre.

I campioni hanno recuperato aggressività e mira. Attenzione, però: fino al gol numero cinque, il Pescara avrebbe potuto farne tre: la punizione di Quintero sul palo, la rete di Cascione, la paratissima di Marchisio, costrettovi da un’uscita maldestra di Buffon (che succede?). Ciliegina sulla torta, il giallo a Pirlo (sul 4-1): mancherà con la Lazio.

Gironzolando tra i cavilli: in fase d’attacco, con Isla (o Lichtsteiner) e Asamoah più ali che terzini, la Juventus si ritrova spaccata, tre dietro e sette davanti. O i ritorni a casa sono solleciti o gli avversari arrivano, comodi, fin sull’uscio. Non discuto che la differenza di valori, abissale, abbia prodotto piccoli cali di elettricità. Sono uomini, e non caporali; ma nemmeno robot.

Con Vidal, il centrocampo ha sbloccato anche il risultato di Pescara. Questa volta, però, come reparto ha vinto l’attacco: quattro (tripletta di Quagliarella, acuto di Giovinco) a due (Vidal, appunto, e Asamoah). E’ stata una di quelle sere in cui il merito strizza l’occhio al destino e oplà, due gol su rovesciata, addirittura: prima Asamoah, poi Quagliarella. Caccia grossa.

E adesso Lazio e Chelsea in casa, Milan a San Siro. Più morbido il calendario dell’Inter, Atalanta a parte: Cagliari al Meazza, Rubin a Kazan, Parma al Tardini. La Juventus si gioca la Champions; l’Inter, già promossa in Europa League, «solo» il sorpasso. Buon appetito.